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La bellezza segreta della Chiesa del Nome di Dio

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Chiesa del Nome di Dio, visuale interna.
Chiesa del Nome di Dio, visuale interna.

L’edificio che la ospita sorge in via Petrucci e il suo originale progetto risale al 1500, sebbene vi siano state apportate modifiche estetiche nei secoli successivi, come il rifacimento della facciata in pietra d’Istria, ideata da Gian Andrea Lazzarini nel 1763, la quale venne anche restaurata nell’anno 1912. Tuttavia, seppur degne di nota, le mura esterne dell’edificio possono solo impallidire innanzi agli ambienti interni, decorati dalle tele realizzate per mano del pittore Gian Giacomo Pandolfi e racchiuse nei fastosi supporti progettati dagli architetti Giovanni Cortese e Niccolò Sabbatini, tutti al servizio di Francesco Maria II della Rovere (1490 – 1538). Fra le sue mura operavano i membri della Compagnia della Buona Morte, una confraternita religiosa che garantiva un degno funerale a chi non poteva permetterselo.

L’opera che per prima attira l’attenzione di chi accede alla chiesa è senza dubbio il Trionfo del Nome di Dio, realizzato sul soffitto, cui si accompagnano l’Immacolata Concezione, che sovrasta l’Altar Maggiore, e l’Inferno, dipinto invece nella parte opposta; altri dipinti che rappresentano alcuni degli episodi più famosi del Racconto Biblico, provenienti sia dal Vecchio, che dal Nuovo Testamento, decorano invece le pareti.

L’atmosfera che si respira ogni volta che si accede alle sale della chiesa, le quali giacciono custodite nel silenzio e nell’oscurità, dà quasi la sensazione di sentirsi piccoli e sembra che l’osservatore sia spinto a ridimensionare il proprio ego al cospetto del Destino Ineluttabile che attende, senza eccezione, ogni uomo vivente.

Chiesa del Nome di Dio, visuale esterna.
Chiesa del Nome di Dio, visuale esterna.

Ed era forse questo il messaggio che gli adepti della Compagnia, la cui identità era tenuta segreta al Mondo, dovevano avere ben chiaro mentre compievano la loro opera.

L’Uomo, in quanto mortale, è, nella Morte, uguale a tutti gli altri, e da Lei ugualmente terrorizzato.

È un vero peccato constatare come un’opera sì tanto mirabile, incarnazione di molteplici declinazioni di Bellezza, goda di poca fama presso i pesaresi, i quali, in certi casi, addirittura ne ignorano l’esistenza.

Viviamo nel paese con uno dei maggiori patrimoni storico-culturali al Mondo, eppure cerchiamo altrove ciò che già abbiamo qui nella nostra terra natia: non sarebbe forse tempo di abbandonare tale abitudine?