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Canto le armi e l’uomo

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Canto le armi e l’uomo: con tali parole ha inizio il primo vero poema epico della Letteratura Latina, l’Eneide, l’opera con cui Publio Virgilio Marone dava voce a una delle tante versioni del mito della fondazione di Roma e che sarebbe giunta fino a noi (forse persino contro la volontà dello stesso autore), imponendosi come degna erede dei versi esametrici cantati da Omero molto tempo prima.

Rappresentazione del volto di Publio Virgilio Marone
Rappresentazione del volto di Publio Virgilio Marone


In base alla tradizione che voleva ciascun poema epico diviso in un numero di libri multiplo di Tre, Virgilio scrisse la propria opera articolandola in dodici sezioni, invece di optare per le canoniche ventiquattro presenti nell’Iliade e nell’Odissea, e narrò le imprese di colui che, privato di Tutto e con l’anziano padre in spalla, era fuggito dalla distruzione di Ilio, o Troia che dir si voglia: Enea, l’esule cui era stata strappata la moglie e che pareva privo del Futuro, il guerriero che, fuggendo dalle ceneri della sua Patria, giungerà, dopo aver affrontato innumerevoli ostacoli e aver trascorso sette anni in viaggio per mare e per terra, sulle coste dell’Italia, da cui, secondo la leggenda, proveniva Dardano, capostipite dei troiani, nato nella città etrusca di Corito. Una volta sbarcato, l’Eroe verrà accolto da Latino, il sovrano locale, e prenderà in moglie sua figlia Lavinia.


La capacità con cui Virgilio ricollega il Mito al presente ch’egli viveva riesce a far impallidire molti narratori contemporanei e, sebbene il finale dell’opera sia improvviso e destabilizzante, tanto che si dice che persino gli antichi abbiano provato a riscriverlo, l’Eneide influenzerà pesantemente i secoli successivi.

Essa rappresenta infatti il punto di contatto tra un mondo che sentiamo più vicino, ossia quello romano, e un altro (il Mito Greco) che invece percepiamo lontano e per certi aspetti persino alieno.

Gerard De Lairesse, Enea e la Sibilla Cumana, 1670
Gerard De Lairesse, Enea e la Sibilla Cumana, 1670

Il successo li incoraggia: essi possono, perché pensano di potere”, Virgilio, Eneide, Libro II.

– Luigi Einaudi

E noi, grazie ai suoi personaggi, da Enea a Turno, da Lavinia a Didone, regina di Cartagine, riusciamo a empatizzare, a immedesimarci con le vite d’un tempo lontano che altrimenti giacerebbe obliato in un limbo estraneo alla Memoria, rendendoci conto di come, pur passando i millenni, certi aspetti umani siano permasi inalterati.

Pertanto, oggi più che mai, noi Italiani dovremmo riscoprire e comprendere il significato del primo poema della Nostra Storia, e capire così chi siamo, donde veniamo, ove andiamo.