La Mezzadria che salvò le nostre campagne
Quando pensiamo al mondo contadino del Passato ci immaginiamo una realtà deplorevole, in cui la fame e la fatica regnano incontrastate su poveri braccianti costretti a compiere lavori estenuanti; un mondo abitato da persone sofferenti, spesso oppresse dai padroni. Eppure vi fu un fenomeno, la Mezzadria, che potrebbe cambiare tale rappresentazione ormai radicata nell’immaginario collettivo.
Ma cos’era la Mezzadria? Per rispondere sinteticamente a tale quesito sarebbe bene innanzitutto interrogarsi sul significato del termine: quest’ultimo infatti deriva dal tardo Latino mediator, il cui significato non era però, come si potrebbe pensare, quello di mediatore, bensì di intermediario. Il mezzadro era colui che, da contratto, divideva i prodotti del terreno che coltivava, il cosiddetto Podere, con il proprietario di quest’ultimo, chiamato concedente; ciò consentiva al mezzadro di trasferirsi con la sua famiglia (detta in gergo famiglia colonica) nei pressi dei terreni a lui affidati, vivendo in una casa colonica. L’unione collaborativa fra le parti contraenti dava vita a un’entità armonica la cui guida era il Principio della Metà, alla base del quale vi era l’equa spartizione dei raccolti, e non solo, fra il proprietario e le famiglie dei lavoratori.
Il suddetto sistema fungeva da ostacolo alle eventuali pretese di prevaricazione di una parte nei confronti dell’altra e permetteva di amministrare le terre in maniera naturale e senza che vi fosse un eccessivo sfruttamento delle campagne, poiché ripudiava la mentalità dello spreco e respingeva la logica del profitto a qualsiasi costo, tipica invece di epoche successive (teniamo conto infatti che la Mezzadria cominciò a diffondersi in Europa nel Tardo Medioevo ed ebbe definitivamente termine, almeno in Italia, nel 1974, quando venne abolita per legge).
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Il fenomeno della Mezzadria non ebbe solo una significativa importanza da un punto di vista dei rapporti sociali, ma influenzò positivamente anche il territorio, poiché, nella parsimoniosa ottica dei coloni, nulla, dalle vinacce al consunto rametto d’un albero secco, si poteva sprecare o trascurare, essendo le risorse alquanto limitate.
Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza”, G. Guareschi, Don Camillo e i giovani d’oggi, 1969.
– Luigi Einaudi
La costante presenza di uomini e donne nelle campagne permetteva, complice anche l’assenza della farraginosa macchina burocratica tipica dei nostri giorni, di mantenere fiumi e canali puliti, nonché di curare aree altrimenti destinate a deperire.
Il loro secolare operato ha contribuito a consegnarci i meravigliosi territori che oggi in molti ci invidiano e che ispirarono poeti e pittori. Fu forse la massima espressione di rispetto per l’Ambiente, un rispetto vero e non semplicemente proclamato fra le mura di palazzi coronati di dodici stelle.
E, per salvare davvero il Mondo in una realtà infettata dal morbo della Globalizzazione, sarebbe forse più opportuno ritrovare noi stessi e comprendere cosa ci abbia reso ciò che siamo ora.