Sull’assurda gabbia delle normative internazionali
Tra i tanti freni con cui la Globalizzazione ha inibito il Mondo vi sono, senza dubbio alcuno, le innumerevoli normative a valenza transnazionale con cui vengono controllati i processi di produzione e realizzazione dei prodotti di aziende e fabbriche, le quali sono obbligate a sottostare a criteri di sorveglia così stringenti da risultare distruttivi, costringendo marchi storici a delocalizzare per abbassare i costi, nonché a investire le poche risorse disponibili in farraginose, e spesso superflue, attività di controllo.
Tale pensiero sovviene all’istante quando, guardando all’Italia del Secondo Dopoguerra e del Miracolo Economico che accompagnò il nostro paese tra gli anni ‘50 e ‘60 del Novecento e che si diramò anche nei decenni successivi, ci chiediamo come sia stato possibile che tutto ciò sia ora soltanto un triste ricordo. E, rivolgendo la domanda a coloro che dicono di Sapere, riceviamo le consuete risposte, quali: “Era un mondo diverso e la gente aveva più voglia di lavorare”, oppure “È colpa di quel periodo se oggi ci troviamo in questa situazione”, o altre fandonie di simile tenore. Provate infatti a immaginare se un imprenditore di quel tempo avesse dovuto conformarsi, per esempio, alle ultime versioni della Normativa ISO 9001, con tutte le limitazioni che quest’ultima porta seco: in che modo sarebbe mai potuto diventare qualcuno?
Investire enormi risorse per salvaguardare le persone e i processi di produzione è fondamentale, tuttavia è sciocco pensare che tutti siano in grado di rispettare canoni uguali a livello mondiale, di facile attuazione per una grande multinazionale, ma non per la Piccola e Media Impresa, che ha a lungo costituito e ancora costituisce l’unità cellulare del nostro tessuto imprenditoriale. E, dato che gli Organismi Internazionali che emanano tali aberrazioni risultano spesso controllati da coloro che più di una volta hanno mostrato tendenze totalitarie, mi guarderei bene dal seguire la strada che hanno tracciato.
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I politicanti sono i camerieri dei banchieri”, Ezra Pound, Selected Prose.
– Luigi Einaudi
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Tuttavia mai come in quest’epoca il Re è stato più nudo e chiunque non si sia accorto del giogo che grava sulle nostre schiene dovrebbe svegliarsi dall’ipnosi di cui è vittima: non è solo la nostra rassegnazione ad averci ingabbiato.
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