Cesare Mori: l’uomo che eradicò la Mafia dall’Italia
Quando si parla di lotta alla Mafia i primi nomi che si risvegliano nei nostri animi sono senza dubbio quelli degli eroici giudici Falcone e Borsellino, eppure, ben prima di loro, venne Cesare Mori, il cosiddetto Prefetto di ferro, che quasi riuscì nell’impresa di portare le organizzazioni criminali verso la definitiva estinzione. Agì con ogni mezzo di cui disponeva, eppure il suo operato fu disperso e ogni cosa tornò com’era prima: che cosa riportò indietro le lancette?
Cesare Mori nacque il 22 dicembre 1871 a Pavia e trascorse i primi otto anni della sua vita presso il brefotrofio locale con il nome di Primo Nerbi, finché, nell’ottobre del 1879, non venne riconosciuto dai suoi genitori naturali e il suo nome mutò in Cesare Primo Mori. Studiò dapprima presso l’Accademia Militare di Torino, per poi essere trasferito a Taranto: proprio qui conobbe la futura moglie, Angelina Salvi. Subì poi numerosi trasferimenti che lo condussero in varie città d’Italia, dove operò sempre con il massimo rigore, soprattutto in concomitanza del periodo di tensione che seguì la fine della Prima Guerra Mondiale, punendo severamente chiunque minacciasse l’ordine pubblico e senza fare distinzioni sulla base del colore politico, tanto che si oppose apertamente al metodo squadristico adottato dai fascisti.
A seguito della visita ufficiale di Mussolini in Sicilia, il Duce, su consiglio dell’allora Ministro dell’Interno Luigi Federzoni, richiamò Mori in servizio il 28 maggio 1924 e, affiancatogli il magistrato Luigi Giampietro in qualità di Procuratore Generale, lo nominò Prefetto prima di Trapani, poi di Palermo. Ivi operò fino al 1927, colpendo con forza ogni branca della malavita (emblematici furono l’Assedio di Gangi e l’arresto del capomafia italoamericano Vito Cascio Ferro): molti furono i suoi oppositori, fra cui il generale Antonio di Giorgio, tuttavia Mori continuò a perseguire il proprio operato.
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A seguito delle loro azioni, che avevano de facto eradicato la Mafia, la quale sarebbe “misteriosamente” riemersa solo dopo lo sbarco degli Alleati nel 1943, Mori e Giampietro furono nominati senatori nel 1928. Anche da senatore Mori continuò a occuparsi dei problemi siciliani, pur avendo tuttavia perso ogni capacità di intervento.
La misura del valore di un uomo è data dal vuoto che gli si fa dintorno nel momento della sventura”, Cesare Mori.
Nel novembre 1929, dopo diverse polemiche, Mori, assieme a due collaboratori, venne trasferito a Udine, dove presiedette il Consorzio di II grado dell’Istria.
Nel 1941, a seguito della morte della moglie e dell’insorgenza di un tumore alla cistifellea, cessò di vivere e venne sepolto a Pavia.
Anche se le metodiche di Mori sono state oggetto di aspre critiche, i risultati delle azioni del Prefetto di Ferro erano sotto gli occhi di tutti e solo i già citati Falcone e Borsellino avrebbero provato a fare altrettanto, sebbene privi dello stesso supporto da parte dello Stato.
L’insegnamento che egli ci ha dato è chiaro: le mafie, qualunque sia la loro natura, si possono sconfiggere, ma bisogna avere la forza di agire nella giusta maniera.