Dante Alighieri: l’inventor della Lingua Italiana
Dante Alighieri è da secoli riconosciuto quale Padre delle Lingua Italiana, che egli creò e armonizzò nel corso della sua prolifica carriera letteraria unificando linguaggi e dialetti assai diversi, nonché stili letterari fra loro distanti, giungendo a donare dignità a termini popolari fino a quel momento relegati all’ambito colloquiale. La sua fu una rivoluzione cui dobbiamo gran parte della nostra Identità.

Il suo stile letterario è intrinsecamente legato alla Poesia Provenzale e al Dolce Stil Novo, cui egli stesso diede il suo notevole contributo. Inoltre, a differenza di altri autori, i quali di norma solevano preferire l’utilizzo di registri linguistici solenni, Dante non si fece scrupoli nell’attingere anche a un patrimonio lessicale più “rozzo” e “basso”, fatto che può evincersi dalla stessa Commedia, in cui i tre regni ultraterreni non si distinguono l’uno dall’altro solo in base alle tematiche, alla concezione del Tempo e alle atmosfere, ma anche e soprattutto per la scelta dei vocaboli e delle strutture grammaticali adottati, che, dalle più semplici ed elementari dell’Inferno, si elevano gradualmente sino a raggiungere i vertici artistici propri delle terzine del Paradiso, spesso alquanto difficili da comprendere e interpretare a una prima lettura.
Agli occhi di un uomo dei giorni nostri la catabasi cui egli, e con lui la Lingua, va incontro potrebbe anche sembrare un’allegoria del Mondo Italico, il quale sprofonda nell’oblio fino a dimenticare sé stesso e la propria origine, salvo poi riemergere dall’Oscuro Abisso mutato e cinto di una nuova veste, candida e mondata delle macchie di sangue delle ferite inferte, ma con la consapevolezza di aver trasmutato l’ingiustizia subita in forza e la contaminazione cui era stato soggetto in possibilità di redenzione dalla sua nolontà di reagire ai mutamenti che lo avevano travolto.
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L’esito cui conducono le scelte del Sommo Poeta è il superamento, almeno sul piano linguistico, della frammentazione di popoli e di idiomi che aveva colpito l’Italia, la quale veniva già vista unita ben prima del decantato e indubbiamente poco spontaneo Periodo Risorgimentale.
Fu il primo tentativo di ricomporre dal basso un mosaico i cui tasselli si erano dispersi.
La stirpe non fa le singulari persone nobili, ma le singulari persone fanno nobile la stirpe.”, D. Alighieri, Convivio, Capitolo XX.
Einaudi
È grazie alla sua opera se, ancora oggi, usiamo molte parole, basti ad esempio pensare al comunissimo termine fertile, che altrimenti sarebbero scomparse.
Le sue terzine erano e sono le fondamenta di quel sontuoso edificio che è la Lingua Italiana.
E la Lingua è ciò che custodisce la nostra memoria, dato che, come il botanico Linneo avrebbe detto secoli dopo la morte di Dante, Nomina si nescis, perit et cognitio rerum: se non conosci i nomi, muore anche la conoscenza delle cose.
Oggi il Paese si trova nuovamente nelle condizioni favorevoli alla Rinascita e, così come fece Dante a suo tempo, sarebbe nostro dovere osare l’inosabile e fare tutto il possibile per uscir a riveder le stelle.