Due parole sull’Università di Urbino
Fra le più antiche del Mondo, l’Università degli Studi di Urbino affonda le sue radici nella storia del ducato che dalla città prese il nome. La sua nascita risale agli anni compresi tra il 1506 e il 1507, allorquando duca era Guidubaldo I da Montefeltro, il quale, anche a seguito dell’emanazione della bolla Ad Sanctam promulgata da Giulio II, diede vita al primo nucleo dell’Ateneo.

Le decisioni prese da Giulio II diedero la possibilità al Duca di istituire un Collegio dei Dottori e alla Magistratura Urbinate di istruire Dottori, inoltre, a seguito della bolla Sedes Apostolica, emanata da Pio IV nel 1564, quest’ultimo ricevette la possibilità di ampliare la scelta dei percorsi di formazione, consentendo di ottenere titoli accademici in Arte Poetica, Medicina e in ogni ambito di studio allora consentito. Nel 1862 il Regio Decreto n. 912 la renderà poi Libera Università. Tuttavia il vero punto di svolta si ebbe nel 1947, anno in cui divenne Rettore Carlo Bo, il quale avviò un programma di rinnovamento della città e, nel 1951, incaricò l’architetto Giancarlo De Carlo di restaurare Palazzo Bonaventura, sede storica dell’Università. Egli fu alquanto abile nel coniugare gli aspetti storici con le esigenze della Contemporaneità e trasformò l’intera città in un campus universitario in cui Passato e Presente si armonizzavano in un Unicum senza eguali.
Tuttavia, sebbene il Tempo non ne abbia intaccato la bellezza e l’efficienza, tanto che nel 2018 Times Higher Education, la più importante agenzia di valutazione degli atenei mondiali, la inserì fra le cinquecento università migliori del Pianeta, lo stesso non si può dire in merito ad aspetti che sono stati messi in luce da recenti avvenimenti, i quali hanno dimostrato come lo Studente, che dovrebbe essere oggetto di estrema tutela e massimo interesse da parte delle strutture amministrative, venga invece considerato alla stregua di un numero, i cui diritti vengono continuamente calpestati senza ritegno alcuno.
La gloria delle città dipende dall’immaginazione dei cittadini e questa, a sua volta, dai circuiti di esperienze e di scambi di cui sono partecipi: dipende, in definitiva, dalle energie dei luoghi”, G. De Carlo, Viaggi in Grecia.
Al suo interno giochi di Potere e subdole macchinazioni si intrecciano a guisa di tela di ragno che tutto cattura e tutto avvolge, sicché schiere di Dottori usciti dalle nobili aule abbiano tanti titoli e nessuno Svolgimento, tanta cultura ma nessun’Anima che possa coltivarla.
È infatti cosa assai nota quanto e la Scuola e l’Università siano permeate da una venefica tendenza a genuflettersi innanzi alle pretese ideologiche, le quali hanno bloccato il tessuto dell’Istruzione in uno stato di necrosi oramai avanzata, in cui qualsiasi guizzo di ingegno o di volontà creativa giace in potenza senza che vi sia percorso di crescita in grado di condurlo all’Atto.
L’Università, di Urbino, così come di qualsiasi altra città, è un prolungamento attraverso il Tempo e lo Spazio di quel Rinascimento che tanto lodiamo, ma che nei fatti sembriamo ripudiare, consegnando lo scettro del Sapere a chi ci disseta con la cicuta e ci nutre con le illusioni.
È forse giusto lasciare che la sacrosanta educazione delle future generazioni le conduca invece a sopprimere volontariamente quel Fuoco Sacro che arde dentro ognuno di noi?