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Il triste abbandono della Novilara segreta

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Antico borgo che sorge su un insediamento un tempo abitato dai Piceni, Novilara conserva un vasto quantitativo di tesori storico-artistici, molti dei quali legati alla famiglia dei Della Rovere, ma, così come tante altre testimonianze storiche “minori” del territorio della nostra provincia, essi sono stati da tempo lasciati in balìa degli eventi e relegati a patrimonio culturale di seconda mano.

Ma partiamo dal Principio, da quando Camilla d’Aragona pervenne alle terre di Costanzo I Sforza, Signore di Pesaro, per convolare con lui a nozze. Il suo viaggio la condusse a sostare, nella notte fra il 26 e il 27 maggio del 1475, nel palazzo novilarese dei Signori di Pesaro e i racconti narrano di grandi momenti di festa, accompagnati dal suono di campane e squilli di tromba; il cortile del Palazzo, si narra, era bello e ornatissimo e grande quanto si conviene, […] di ogni regale apparato e fornimento degnissimo. Ed ella, prima di ritirarsi, poté ammirare innumerevoli balletti che i giovani del luogo avevano preparato al fine di renderle onore, balletti che erano in accordo con la realtà bucolica che il panorama visibile da quel luogo incarnava e, almeno in parte, incarna ancora oggi, nonostante il destino cui è andato incontro.

Attualmente infatti l’ininterrotta successione di Amministrazioni che hanno governato la città di Pesaro dal Dopoguerra a oggi, ha abbandonato a sé stesse molte delle perle che rendono unico il nostro territorio. Il giardino sopracitato è sopravvissuto al palazzo di cui costituiva il cortile ed è al momento proprietà privata, poiché costituisce lo spazio verde di un gruppo di case adiacenti, eppure non risulta adeguatamente curato, tanto che nemmeno i molteplici appelli lanciati dal consigliere comunale Daniele Malandrino sono serviti a cambiare lo stato delle cose.

Pesaro 2024 è la provincia nella sua interezza, con l’ambizione di esaltare le caratteristiche locali per farle diventare nazionali”, Matteo Ricci.

Tornando quindi al discorso di partenza, parrebbe giusto chiedersi a chi giovi donare alla Rovina un luogo che andrebbe valorizzato con ogni mezzo.

Chiunque lo salvasse sarebbe di certo ricordato per aver reso un servizio degno di nota alla propria città.

Ma, ahimè, qui come in molte altre circostanze, chi ha il potere di mettere le cose in ordine si limita a fare orecchie da mercante e proclama di voler cambiare tutto senza poi riuscire (o volere?) cambiare niente in modo serio e definitivo.

È giunto il momento di porre un freno a tale tendenza, il momento di invertire la marcia e di restituire al nostro territorio la dignità e il valore di un tempo.